Credits Ivo Corrà
Mostre

VFI – Virgolo Future Institute (Such Claims on Territory Transform Spatial Imagination Into Obscure Anticipations of Repartition)
CAN ALTAY

14.05.2016—30.07.2016

Inaugurazione 13 Maggio 2016, ore 19

Un progetto di ar/ge kunst e Lungomare

VFI – Virgolo Future Institute (Such Territorial Claims Transform Spatial Imagination Into Obscure Anticipations of Repartition) è il titolo della fase conclusiva della residenza di un anno e mezzo dell’artista Can Altay a Bolzano, un progetto di collaborazione tra ar/ge kunst e Lungomare (Ottobre 2014 – Luglio 2016).

Sin dall’inizio della residenza, Altay si è concentrato sulla complessa relazione che esiste tra Bolzano e il Virgolo, una montagna che domina la città ed è attualmente al centro di un acceso dibattito intorno ai suoi potenziali utilizzi e sviluppi.

In quest’occasione, Can Altay interviene negli gli spazi di ar/ge kunst con una mostra di tre mesi che porta avanti la ricerca sviluppatasi fino ad oggi attraverso una serie d’interventi pubblici di durate differenti. Si tratta di interventi intesi come osservazioni e contributi al dibattito stesso che includono: una mostra di due settimane e una tavola rotonda aperta al pubblico negli spazi di Lungomare (Such Territorial Claims), una campagna di affissione di manifesti della durata di un mese nello spazio pubblico della città (Trasform Spatial Imagination into), due ore di raduno sul Virgolo e un intervento itinerante in spazi pubblici e privati tra Dicembre 2015 e Maggio 2016 (Obscure). Insieme queste iniziative hanno prodotto una serie di domande intorno all’aspettativa sull’uso del territorio (territorial claim), all’idea di immaginazione urbana e di esperienza dei confini; nozioni che oggi riemergono con forza a Bolzano così come in molte altre città.

Per la mostra Altay produce un setting articolato in due momenti principali che agiscono al contempo come display, scultura e strumento editoriale. Il primo, che richiama le forme di un tunnel e di un tetto, costituisce il corpo centrale del VFI. Con un chiaro riferimento a un aneddoto poco noto, su abitanti che vissero nel tunnel del Virgolo ancora incompleto durante e immediatamente dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’installazione raccoglie “frammenti” di varia natura, collezionati durante la residenza, così da andare a comporre una linea principale di inchiesta intorno al significato che l’“abitare un infrastruttura può suggerire;” (“a chi è consentito appropriarsi dello spazio pubblico, chi è costretto ad abitare lo spazio delle infrastrutture?” si legge, per esempio, in uno dei manifesti della campagna di affissione) una narrazione centrale da cui si sviluppano diverse linee di ricerca. Il secondo momento si sviluppa intorno ad Ahali: a journal for setting a setting, giornale che Altay pubblica dal 2007. Ahali è una raccolta crescente di opere, statements e voci da diverse pratiche artistiche, che nella mostra vengono usate come strumento per ampliare i numerosi temi che emergono dal Virgolo e porli in un più ampio contesto di riferimenti culturali e casi internazionali. Nuove tematiche, come “Inhabiting Infrastructures”, “Landscape of Desire”, “Alliance of the Radically Different”, “Tremors from Here and Elsewhere” e “Instituting Uncertain Publics” saranno introdotte, nel corso della mostra, attraverso Ahali, così da produrre un legame tra le strette relazioni del progetto con il contesto locale e il respiro ampio della pubblicazione stessa.

La mostra di Can Altay opera quindi come strumento e come “finzione”. Dando vita a un istituto immaginario (VFI) sulla base di usi non ufficiali, celati, e non pianificati, l’artista compone un archeologia del desiderio capace di suggerire modalità di osservazione e affrontare il futuro della montagna e, conseguentemente, della città prese come esempio tra molti possibili per occuparsi, come dice Altay stesso di “politiche neo-liberali” e delle loro “contro-egemonie”.