Exhibiton view, Innocence & Violence, 2004
Mostre

INNOCENCE & VIOLENCE

12.03.2004—24.04.2004

Nadine Norman, Tany, Zilla Leutenegger, Maike Freess, Mathilde Ter Heijne
A cura di Sabine Gamper

Innocence & Violence, innocenza e violenza, sono i poli che racchiudono le rappresentazioni ed i contenuti di questa mostra. Cinque artiste provenienti da contesti culturali e sociali diversi ci offrono la loro idea di femminilità all’inizio del 21° secolo. La mostra offre immagini di quotidianità e stili di vita moderni di giovani donne, apre il sipario su diversi scorci di vita, si muove intorno ai miti della femminilità ed alle strategie necessarie per affrontare la realtà. Le opere fanno luce su intimità e orrori, fantasie d’innocenza e di violenza, di narcisismo e di autodistruzione: un’indagine ed una scoperta di opportunità e di confini nel rapporto con sé stessi e con gli altri.
Nei filmati, nelle fotografie, nei disegni e nelle performance, le 5 artiste rappresentano il loro corpo e loro stesse in veste di protagoniste, nella loro integrità o nella loro lacerazione e comunque davanti al loro background culturale e non senza fare riferimento alla storia (dell’arte) ed alla loro socializzazione. Nello stesso tempo, tematizzano intenzionalmente anche la loro posizione di donne in un mercato artistico maschile per definizione. Il “Mistero Donna”, il “continente oscuro” freudiano, viene illuminato dal punto di vista femminile dando un’immagine stratificata e intensa di una nuova donna moderna. Nel filmato “Mathilde, Mathilde…” (2000) dell’artista Mathilde ter Heijne (Strassburgo) viene trattato soprattutto il tema dello sdoppiamento e della scissione della personalità. L’artista si occupa del tema della vittima femminile, calandosi nel ruolo della giovane donna che attraverso la sua morte si trasforma in eterna amata (come la Beatrice di Dante). Da però una svolta decisiva al contenuto con la creazione del suo “Doppio”. Questo Alter Ego, in una scena violenta, viene gettato da un ponte nelle acque impetuose di un fiume. L’artista uccide la sua stessa immagine diventando contemporaneamente vittima e carnefice.
Un tema centrale nel lavoro di Nadine Norman (Canada) è la rappresentazione della realtà femminile nella sua corporeità mediata socialmente, così come il concetto di desiderio e tutte le sue contraddizioni. L’artista incentra la propria attenzione principalmente nell’ambito compreso tra la finzione e la realtà delle diverse rappresentazioni e ruoli delle donne nella pubblicità, in altri media della comunicazione, ma anche nel contesto artistico.
Nel suo filmato “Dedicated to my Ex Lover” (Dedicato al mio ex-ragazzo) (2001) l’artista giapponese TANY tratta la fine della sua storia d’amore con un collega artista. Le scene drammatiche si svolgono in un parco tetro, nel quale l’artista segue in motorino il suo ex-ragazzo ed alla fine lo picchia. L’estrema aggressività della rappresentazione sorprende e sopraffa l’osservatore, proprio perché l’artista corrompe il tema della violenza all’interno del rapporto tra uomo e donna.
I filmati di Zilla Leutenegger (Svizzera) ricordano molti esempi delle auto-sceneggiature di Cindy Sherman e dei ritratti codificati e pop-culturali di Elisabeth Peyton. Nei suoi disegni animati vengono rappresentati ed espressi i suoi desideri e le sue sensazioni più intime e private anche se non si tratta mai di esibizionismo ma di immagini liriche e poco spettacolari di sé stessa: l’artista abbozza ed anima la sua stessa raffigurazione come in un disegno animato attraverso il quale alla figura viene affidato qualcosa di profondamente intimo, fungendo così da piattaforma d’identificazione.
Anche la tedesca Maike Freess si occupa nelle sue opere del corpo femminile e dell’immagine propria e altrui: il filmato “The river around me” (Il fiume intorno a me) (2001), nel quale l’artista si cala nel ruolo dei tre classici tipi femminili “la bionda”, “la mora” e “la rossa”, viene proiettato frontalmente rispetto all’osservatore su una pellicola trasparente, cosicché le tre donne si rispecchiano nel suo sguardo. Spogliandosi e vestendosi senza sosta, le donne rappresentate oscillano tra l’autoaffermazione ed il flirt con l’osservatore. Tuttavia il corpo femminile non è mai fine a se stesso, al centro ci sono sempre le fantasie che lo avvolgono e che diventano il tema autentico. L’autoritratto delle artiste diventa proiezione dei nostri stessi desideri e delle nostre assurdità, diventa un gioco in un campo minato tra innocenza e violenza.